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Teorie motivazionali

Il mondo scientifico studia la motivazione dai tempi di Sigmund Freud. Nel 1943 Abraham Maslow nel journal Psychological Review pubblica "A Theory of Human Motivation" riguardo la celebre gerarchia di bisogni: l’essere umano persegue obiettivi di livello crescente; soddisfatti quelli su un determinato livello, si passa a quelli del livello successivo. Si parte dai bisogni fisiologici per arrivare a quelli dell’autorealizzazione (https://en.wikipedia.org/wiki/Maslow%27s_hierarchy_of_needs).

La ricerca scientifica ha continuato a scavare, e l’insieme di tutte le teorie (veramente innumerevoli) hanno identificato 2 principali contesti: quello che riguarda l’ambiente (sia esso un’azienda o un altro sistema) e ciò che invece è più intrinseco alla persona. Naturalmente i due piani si intrecciano, e ciò rende più complessa l’analisi

Sul piano più ambientale (cioè cosa il sistema può fare per sostenere il livello di motivazione degli individui che sono parte di quel sistema), si sono individuati fattori estrinseci (svolgo un lavoro per ricevere un premio) e intrinseci (svolgo quel lavoro perché mi piace e mi fa crescere).

Su questo piano ambientale, l’azienda gioca un ruolo fondamentale, e le teorie che tentano di spiegare cosa il sistema/azienda possono fare per mantenere l’individuo motivato, sono:

  1. Teoria di Herzberg1: che individua fattori igienici (se ci sono non motivano, ma se non ci sono demotivano), quali relazioni interpersonali, competenza dei capi, politiche aziendali, condizioni di lavoro; e fattori motivanti (se ci sono, motivano), quali: lavori che portano all’autorealizzazione, possibilità di crescita e avanzamento, responsabilizzazione, riconoscimento dei risultati…
  2. Teoria di Vroom2. Questo studioso, concentrandosi sui risultati (piuttosto che sulle motivazioni), individua due fattori rilevanti: quanto la persona è convinta che il risultato sia raggiungibile; e che rilevanza dà alla ricompensa ricevuta al raggiungimento del risultato.

Sul piano più prettamente personale si cerca di spiegare cosa ricerca l’essere umano, nonché il come e perché quel qualcosa crea motivazione. Anche su questo piano si sono accumulati una serie di studi:

  1. Teoria dei Bisogni (David McClelland – Harvard). Nell’insieme di studi compiuti e raccolti sotto il nome “Teoria dei Bisogni”, l’autore rielabora l’insieme dei bisogni (da cui scaturisce la motivazione) che l’essere umano anela, e li suddivide in 3 categorie: bisogno di raggiungere il successo, bisogno di appartenenza sociale (a un gruppo) e desiderio di dominio Vs paura di essere dipendente.
  2. La teoria “Multifaceted Nature of Intrinsic Motivation”: individua 16 desideri e bisogni non correlati (non ci sono effetti sinergici nel raggiungimento congiunto tra due o più desideri). Essi sono diversamente distribuiti nell’essere umano, e la motivazione di ciascun individuo dipende da come questi bisogni sono configurati per lui.
  3. La teoria dell’attribuzione3-4-5-6: l’insieme di autori e ricerche hanno teorizzato che in determinate circostanze la motivazione dell’individuo potrebbe derivare dal nesso causa-effetto che egli attribuisce al suo successo/insuccesso. Questi effetti (successo o insuccesso) possono essere attribuite a due tipi di cause: sé stesso (strumenti, capacità, impegno…) o l’ambiente (complessità del compito e/o del contesto, natura/efficacia dei processi a supporto, allineamento ai valori…).

Rimandando alla bibliografia per gli approfondimenti del caso, mi permetto di concludere con 2 piccoli suggerimenti affinché dalla teoria possiamo desumere consigli pratici (fermo restando che come individui possiamo agire soprattutto sugli elementi di motivazione che derivano da noi e non dall’ambiente circostante):

  1. Relativamente al nesso causa-effetto, soprattutto negli insuccessi, quello che fa veramente la differenza è cercare di spostare su sé le cause dell’insuccesso (scarso impegno, più entusiasmo o competenze da migliorare): questo vuol dire responsabilizzarci (cioè renderci abili di rispondere al momentaneo insuccesso raccolto). Ovviamente, molto spesso ci sono cause esterne che hanno compromesso / reso “impossibile” il successo, ma cerchiamo di essere più oggettivi possibili, perché “lo scarico sul sistema” è quanto di più limitante alla nostra capacità di rispondere alla situazione.

 

  1. Molto spesso mi è capitato di osservare situazioni (che hanno riguardato anche me personalmente) in cui la parte conscia dei desideri (quello che sappiamo di volere e ci sforziamo di raggiungere) era in contrasto con la parte inconscia dei bisogni (quello che il nostro IO più profondo reclama come essenziale, e che certe volte ci “scordiamo” di ascoltare): facciamo molta attenzione a questo tipo di incongruenze, perché forse c’è qualcosa che va riconsiderato. Su un piano abbastanza profondo.

 

  1. Herzberg, 1987: “One more time, how do you motivate employees?” - Harvard Business Review
  2. Victor Vroom, 1964: “Work and motivation”
  3. Kelley H.H., Michela J.L., Attribution Theory and Research
  4. Weiner, B. (1986). An attributional theory of motivation and emotion
  5. The M.I.T. Encyclopedia of The Cognitive Science (Wilson & Keil)
  6. Correspondent inference theory, Edward E. Jones e Keith E. Davis (1965)

 

 

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