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La mappa non è il territorio

La celeberrima frase “La mappa non è il territorio” (Alfred Korzybski1 e Gregory Bateson2) spiega perfettamente il problema di relazionarsi con la realtà (e con gli altri).

Ciascuno di noi in funzione dell’educazione ricevuta (sembra che il carattere si formi nei primi anni di vita) e delle esperienze che ogni giorno continua a fare, produce una propria rappresentazione della realtà. Le convinzioni sono un esempio di questa rappresentazione: non importa che una determinata convinzione sia universalmente vera: per ciascuno di noi lo è. E in ragione di questo, essa contribuisce a definire il significato (la rappresentazione, la mappa appunto) che diamo a quella tal cosa (la realtà).

La cosa veramente interessante di questa teoria è la sua utilità nel comprendere (e spiegare) per quale motivo l’interazione, la comunicazione tra essere umano ed essere umano è così complessa. Infatti, prendiamo una qualsiasi questione (magari di un certo grado di complessità), due persone diverse avendo educazione ed esperienze diverse, avranno una mappa diversa. Ciascuna attribuirà a quella stessa questione il proprio significato (coerente con la sua mappa del mondo).

Quindi, quando le due persone si comunicano la propria idea riguardo l’oggetto di discussione, ciascuna pensando che la propria mappa sia la realtà, è convinta che anche l’altra persona attribuisce lo stesso significato a quella tal cosa in discussione. Ma spesso accade che non è così, e nascono dei malintesi, che possono essere più o meno severi a seconda della questione in conteso.

Inoltre, c’è un altro aspetto da considerare: l’essere umano si accorge pienamente (è conscio) solo di una piccola parte di attività e processi che svolge quotidianamente. La maggior parte dei processi mentali o fisiologici (regolazione della pressione sanguigna, battito cardiaco, contrazione muscolare…) vengono completamente delegati alla parte inconscia di noi. Questo succede perché noi possiamo occuparci consciamente di un numero limitato di cose contemporaneamente, il resto le affidiamo all’inconscio che ha la speciale capacità di organizzare un numero enorme di attività contemporaneamente senza andare in affanno.

Le Abitudini sono un esempio di questo affidare alla parte inconscia una serie di attività di routine, che sappiamo bene come si compiono. Questo consente al conscio di concentrarsi su le sfide e i compiti su cui abbiamo meno domestichezza, e che richiedono la massima attenzione.

Le Convinzioni sono un altro esempio: quello che abbiamo imparato essere vero del mondo viene seppellito a livello inconscio, e questo ne comporta una più difficile messa in discussione. Nelle reciproche sessioni vengono approfonditi argomenti molto correlati a quello qui trattato.

Succede a volte che le rappresentazioni della realtà (la mappa, le convinzioni, chiamatele come volete) e le strategie che abbiamo consolidato per compiere attività di routine (le abitudini), sono costruite su insegnamenti sbagliati, esperienze negative. Oppure c’è qualcosa che andava bene prima e ora meno. O ancora, qualcosa ve bene in un determinato ambito, ma non in un altro…

Il risultato è che la mappa che abbiamo costruito non è fedele alla realtà, oppure nella mappa non sono segnati tutti gli ambiti in cui quella visione della realtà dovrebbe essere declinata.

Accorgersi di tutto questo non è facile, e metterlo in discussione è ancora più difficile perché - come detto nella sessione Visione – questo vuol dire mettere in discussione un pezzo di noi.

Il risultato è che non ci accorgiamo o non comprendiamo perché in una data situazione siamo meno efficaci. In altri casi facciamo delle scelte precise: sappiamo che una qual cosa mal si adatta a noi, e decidiamo di procedere in una tal direzione.

Non dico che sia sbagliato, ma pongo solo una questione: se cambiassimo ottica e pensassimo che potremmo essere noi a adattarci a quella qual cosa, né otterremmo dei benefici o il costo di quell’adattamento è superiore ai benefici attesi?

  1. Alfred Korzybski: An Introduction to Non-Aristotelian Systems and General Semantics
  2. Gregory Bateson: Steps to an Ecology of Mind: Collected Essays in Anthropology, Psychiatry, Evolution, and Epistemology
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